Nel mese di marzo, torno sull’argomento recensioni perché in questo periodo stanno uscendo gli ultimi due titoli della mia serie Sulle Punte. Ma stavolta lo farò in modo più articolato. Prendendola un po’ alla larga, cioè i guadagni, ma arrivando in fretta al punto.
E dunque, quanto vorrei guadagnare con la scrittura?
Di sicuro ti aspettavi che dicessi mille euro al mese, o alla settimana, vero? Sì, sarebbe bello guadagnare anche una cifra di questo tipo, che giustifichi le tante ore di lavoro. Finora, però, a me non è mai capitato. Spero di farcela in futuro, anche solo per motivare, in famiglia, le giornate che trascorro alla scrivania, per scrivere, leggere, rileggere, correggere i miei romanzi. Qualcosa, insomma, che faccia capire che sì, scrivere è divertente, edificante, coinvolgente, emozionante (tutti “ente” e “ante” che non portano a tavola la pagnotta) ma anche remunerativo (visto? la desinenza è cambiata!).
Giusto per fare due conti, che qui di soldi non si parla mai e invece io voglio rompere questo tabù. Per tutti i libri che ho scritto e pubblicato con regolare casa editrice in cartaceo dal 2013 a oggi, non ho percepito mai più di 1.300 euro nette di anticipo a romanzo. Magari scritto così sembrano anche tante, ma… prendi per esempio Non c’è gusto senza te. Ci ho lavorato incessantemente per tre mesi e mezzo, cinque giorni alla settimana, per circa 5/6 ore al giorno, cioè per circa 350 ore (senza contare il tempo trascorso documentandomi, ragionando con Gloria sulla trama, facendo ricerca e leggendo testi di approfondimento per conoscere meglio il cioccolato e la sua lavorazione).
Orbene, se la matematica non è un’opinione, e non lo è, il mio compenso orario è stato di circa 3,7 euro nette. Abbastanza per contribuire a tre mesi e mezzo di budget famigliare o poterlo definire un “lavoro”? Decisamente no.
Ah, ma dirai, ci sono le royalties!
Ecco, anche lì, sicuramente le percentuali differiranno da autore ad autore, da casa editrice a casa editrice, ma per quanto mi riguarda, sempre per Non c’è gusto senza te, io avevo diritto a 0,60 centesimi a copia (e solo una volta che la casa editrice avesse recuperato l’anticipo di cui sopra, cioè solo dopo aver venduto, per esempio, almeno 2.166 copie cartacee).
A queste cifre “attive” vanno poi a sommarsi quelle “passive”, cioè i trasferimenti per le presentazioni, la benzina, i treni, il tempo, che hanno eroso in fretta i 1.300 euro di cui sopra, trasformando il romanzo in una voce passiva del budget famigliare.
Di sicuro il mio è e resta un esempio personale. In giro ci sono autori e autrici che guadagnano cifre diverse, in alcuni casi molto di più, in altri molto di meno. Ma, salvo rare eccezioni, credo di poter tranquillamente dire che chi scrive non lo fa per i soldi.
Però a questo punto, la domanda nasce spontanea (lo diceva uno che si chiamava Lubrano e se non sai chi è non preoccuparti, significa solo che sei molto, molto più giovane di me!).
Chi scrive, perché scrive?
Se tu scrivi, di sicuro sai già perché lo fai. Tiro a indovinare:
- hai un messaggio da comunicare;
- ti diverte;
- vuoi emozionare;
- vuoi essere letta;
- ti piace sapere di avere “creato” qualcosa;
- lo sognavi sin da bambina;
- vuoi regalare momenti spensierati;
- vuoi condividere una passione.
Sono tutti motivi stupendi e leciti. Ma se ci fai caso, la maggior parte di essi presuppone che la scrittura possieda una sorta di proprietà transitiva per cui qualcosa che è dentro di te passa a qualcun altro o accende qualcosa in qualcun altro.
Questo qualcun altro che spesso non conosci, con il quale non puoi parlare o scambiare pareri, che non vedi, non sai dove abita, non sai quanti anni ha, esiste, certo, ma tu non lo percepisci.
Eppure è la persona che può darti la ricompensa più grande: renderti consapevole della sua esistenza, dare testimonianza che il tuo romanzo è arrivato fino a lei e dirti cosa ne pensa.
In poche parole, può scriverti una recensione.
Questo, almeno, è quello che rappresentano per me le recensioni. In mancanza di un compenso monetario significativo, sono la moneta che mi fa pensare di aver impiegato bene il mio tempo e che mi ripaga di tante ore trascorse davanti a uno schermo. Come ti dicevo in questo post, non sono mai stata una che rastrella recensioni come la pesca a strascico, ciò però non significa che non abbiano un valore per me, solo perché in genere ne accumulo poche.
MA, DA AUTRICE, QUALI SONO LE RECENSIONI PIÙ UTILI? E DA LETTRICE, COSA TI PUÒ SERVIRE SAPERE SE NE VUOI SCRIVERE DI POSITIVE O, PERCHÉ NO, DI NEGATIVE? NE PARLIAMO LA SETTIMANA PROSSIMA!
Complimenti per aver messo nero su bianco una realtà che molte di noi viviamo. Il lavoro di scrittura è duro, ma trattandosi di qualcosa di impalpabile le persone faticano a dargli valore. Purtroppo si tratta di un mercato molto duro e di sola scrittura è difficilissimo vivere. Per cui sì, sarebbe bello che almeno fioccassero più recensioni. Quando qualcuno mi dice che ha amato una mia storia mi si illuminano gli occhi. Ecco quelle poche parole compensano tutto il resto, per cui sarebbe bello averne di più.
Grazie Mila! Il paradosso ironico è che nella maggior parte dei casi le persone credono che chi pubblica un libro poi guadagni cifre inimmaginabili. Mentre invece, spesso, la maggior gratificazione resta solo l’apprezzamento delle lettrici. PS anche a me si illuminano gli occhi e batte forte il cuore, quando qualcuno mi dice che ha letto un mio romanzo e gli è piaciuto! 🙂