Esiste un’arte per sbarazzarsi del superfluo e concentrarsi su ciò che è più importante. Richiede solo il coraggio di avere un approccio diverso.
George Anders
Anche a voi capita quello che capita a me?
Mi sveglio la mattina e davanti alla distesa di ore che mi separano dal “momento buonanotte” mi dico: oggi tradurrò dieci pagine di questo libro, comincerò a buttare giù una sinossi per il nuovo romanzo, scriverò quell’articolo per il sito, poi farò la spesa, già che ci sono una mezzoretta di tapis roulant, una telefonata, magari un tè sul divano mentre leggo un po’ e… se mi gira, a cena cucino pure un bel piatto di spaghetti al cartoccio.
Insomma, sembrano un sacco di cose, viste così, ma anche le ore a disposizione sono tante. Dalle otto di mattina fino alle undici di sera, vuoi non riuscire a spuntare una decina di voci dalla to do list?
Ecco, appunto. Peccato che poi, arriva mezzogiorno e io sono ancora a pagina sei della traduzione. La sinossi? Già sono nervosa perché non ho finito le dieci pagine, figurarsi se ritrovo la calma per ragionare su una sinossi. L’articolo forse stasera, dopocena. Che tanto metto in forno la pizza surgelata e addio spaghetti. E meno male che ogni quindici giorni passa il tizio della Bofrost, così le pizze le ho già nel freezer, perché della spesa manco se ne parla, oggi. E il tapis roulant lo farò domani. Mi sa che alla fine salvo la telefonata e il tè, per rilassarmi e farmi passare il cattivo umore. E quando vado a dormire la sera mi riprometto che domani sarà diverso. Domani sarò più produttiva. Domani farò TUTTO!
Dicevo, capita anche a voi? E se sì, avete mai fatto caso a quali sono i “ladri del tempo” che vi impediscono di portare a termine il programma ambizioso, sì, ma realizzabile, che vi siete prefissate?
Nel mio caso i ladri di tempo sono Facebook, i vari siti su cui gironzolo quando mi manca l’ispirazione per tradurre quella certa parola ed ecco che ZAC, chissà perché la mente comincia a sbandare, portandomi lontana da quello che sto facendo. Non mi viene in mente la parola giusta ma mi vengono in mente un sacco di altre parole, che formano frasi, che mi spingono a perdere tempo su siti che al momento non mi servono. Tipo: devo tradurre l’espressione close up and personal in un contesto in cui il significato classico non torna. Penso, ripenso, digito l’espressione sul dizionario, su internet e… già che ci sono come si chiamava quella macchina fotografica istantanea? Quella che avevo visto sul giornale? Apro una nuova finestra e digito “macchina fotografica istantanea”. Oh, eccola! Ma che carina… c’è anche rosa, e azzurra! Quasi quasi andrebbe bene come idea regalo per Giulia. Aspetta che me lo segno sull’agenda. Così quando arriva il momento ho un po’ di idee pronte…
E così quanti minuti sono passati? Troppi! Perché sono tutti minuti persi.
Per non parlare dei ladri di tempo mascherati da cose necessarie, tipo il letto da rifare, il bucato da far partire, la lavastoviglie da scaricare. Sì, lo so che sono cose necessarie. Ma rispetto al mio programma, rispetto al mio lavoro, no. Sono perdite di tempo. Sono cose che posso fare DOPO aver fatto tutto il resto. (Faccio notare che non ho accennato a marito e figlie, altrimenti addio!)
Tempo fa ho tradotto il libro di una ragazza che racconta la sua esperienza di vita a Parigi e che cerca di trasmettere una sorta di Zen del vivere domestico a tutte le sue lettrici. Lei si chiama Jennifer Scott e il suo libro, Le Lezioni di Madame Chic è un piccolo “galateo” su come rendere più piacevole e semplice la vita. Nelle ultime settimane in America è uscito il suo secondo volume, Chic at Home, nel quale Jennifer amplia e approfondisce questa sua idea di Zen domestico. Jennifer ha un suo blog, (http://dailyconnoisseur.blogspot.it/) che io ogni tanto seguo, e uno dei suoi ultimi post era dedicato proprio a ciò che ci fa perdere tempo. Sono rimasta sorpresa di scoprire che lei (e tantissime sue lettrici) perdono tempo andando su internet per… Un momento, voglio lasciare che sia lei a raccontarvelo. Così potete fare la sua conoscenza e magari andare a curiosare un po’ sul suo blog.
Quindi, insomma, pare che il problema dei ladri di tempo sia molto diffuso, vero? Addirittura riempire i carrelli virtuali dei negozi online senza poi comprare niente? Più perdita di tempo di così!
Di recente però mi ha attraversato la strada un altro libro molto interessante. Ne ho già parlato nei miei consigli di lettura natalizi, ma qui vorrei raccontarvi cosa dice a proposito della gestione del tempo.
La citazione con cui ho aperto questo post è tratta proprio da UNA COSA SOLA*, un libro ricco di riflessioni e consigli che possono cambiare le nostre giornate. Una delle frasi che preferisco?
La vita è una domanda e il nostro modo di viverla è la risposta.
Esatto! Ma la cosa veramente importante è COME formuliamo questa domanda. Perché possiamo chiedere molte cose alla nostra vita, ma quello che importa è farsi la domanda giusta. E qual è la domanda giusta, la domanda CRUCIALE?
Be’, è questa:
Qual è la SOLA e UNICA cosa che posso fare ora, in modo che facendola tutto il resto diventa facile e superfluo?
Andare su Facebook renderà tutto il resto facile e superfluo? Cercare l’ennesima ricetta su internet renderà tutto il resto facile e superfluo? No.
Tutto diventerà facile e superfluo se io PRIMA tradurrò le mie pagine. Se PRIMA scriverò la sinossi…
Perché ciascuna di queste azioni, una volta compiute, scatenerà un effetto domino che renderà tutto il resto facile e superfluo. Devo tradurre per potermi garantire un’entrata regolare. Devo scrivere per poter avere qualcosa di cui parlare su Facebook. Devo scrivere un articolo per poterlo condividere. Altrimenti, prima o poi la mia giornata si svuoterà di contenuti e non avrò più niente di cui parlare o da condividere.
Ma… e una volta trovata la SOLA e UNICA cosa? Be’, dobbiamo fare in modo di dedicarle tutto il tempo necessario. Quanto? Secondo Stephen King, e secondo tutta una serie di esperti di time management, almeno quattro ore. E a quel punto ci si può dedicare al resto.
Nel mio caso, io dovrei dedicare le prime quattro ore della giornata ALMENO a tradurre e a scrivere.
Perché? Secondo Paul Graham, famoso programmatore di computer, il lavoro va diviso in due grandi categorie: il “to make” e “to manage”. Il tempo del “make” è costituito da grandi blocchi di tempo per produrre, sviluppare idee ecc (senza guardare davvero l’orologio, un po’ come facevano una volta i nostri nonni, che finivano di lavorare quando avevano finito di mungere le mucche. Non potevano alzarsi e chiudere la stalla solo perché era una certa ora, giusto?). Il tempo del “manage” e suddiviso in intervalli più brevi, più flessibili. Per ottenere risultati straordinari, quindi, bisogna essere “maker” la mattina e “manager” il pomeriggio.
Qualche consiglio pratico in più? Cerchiamo un angolo dove lavorare indisturbati. Dan Heath, autore di manuali di management, lavora su un vecchio portatile senza browser, senza driver, senza connessioni wireless.
Possiamo fare come lui e magari spegnere il telefono, chiudere la posta, uscire da internet. Perché la nostra SOLA e UNICA cosa merita il 100% della nostra attenzione.
Insomma, qual è il succo di questo post? Mi piaceva l’idea di legare la mia esperienza sull’argomento, a quella di un’autrice che ho tradotto, a quella di un libro che ho letto. Il filo comune restano comunque i libri. Cosa frena o condiziona il lavoro di chi li scrive, di chi li traduce, di chi li legge…
E voi, quali sono le vostre distrazioni? Come fate a lavorare senza farvi tentare? Raccontatemi la vostra esperienza e proviamo a condividere le soluzioni!
Cosa faccio io? Di solito non accendo la connessione internet fino a quando non ho almeno tradotto le pagine del giorno. A volte non ci riesco e la tentazione di curiosare vince. Ma l’importante è insistere. Piano piano anche questa diventerà un’abitudine!
*UNA COSA SOLA, di Gary Keller e Jay Papasan, traduzione di Alessandra Petrelli, tre60