Ci sono persone che vivono vite tranquille, senza grandi scossoni; altre che sembrano sempre in balia delle onde o di qualche terremoto.
In realtà, se scrivi, non importa a quale categoria appartenga la tua vita: ci sono sempre aspetti da cui attingere per le storie che voi raccontare.
Come ti dicevo la settimana scorsa, puoi attingere dalla realtà impersonale che ti circonda attraverso:
- locali/ristoranti/negozi;
- monumenti/paesaggi;
- fatti di cronaca.
Oppure puoi attingere dalla tua realtà personale:
- un dettaglio simpatico o un’insolita tradizione famigliare;
- un vezzo di qualche parente;
- un fatto incredibile successo a una bisnonna.
La differenza la fa quanto attingi e come.
Se attingi a piene mani e, di fatto, sei la protagonista della storia in cui racconti in modo esplicito alcuni eventi della tua vita, perché pensi che possano insegnare qualcosa o rappresentare un esempio, allora stai scrivendo un memoir. Che, attenzione, non è un’autobiografia. L’autobiografia, infatti, è la narrazione lineare della tua vita dalla nascita in poi. Il memoir, invece è la narrazione “romanzata” di alcuni episodi particolarmente significativi per te.
In un memoir, il rapporto tra realtà e fantasia è, diciamo, ottanta a venti. Fatti, personaggi, luoghi sono reali, ma magari i dialoghi sono riportati più liberamente se non addirittura inventati.
Se invece stai scrivendo un romanzo e, semplicemente, inserisci nella trama piccoli fatti reali, allora si può parlare di fiction autobiografica. I fatti e le persone che popolano la tua vita sono solo un’ispirazione, un aggancio, un cameo.
Io, lo ammetto, nei miei romanzi inserisco sempre qualcosa di autobiografico, tanto che chi mi conosce bene, ma davvero bene bene bene, riesce a cogliermi sul fatto. Di solito scelgo particolari, spunti, accenni. Ti faccio un esempio.
In Effetto Domino, il mio romanzo ambientato sul lago di Como, la protagonista alla fine della storia trova un tesoro. Bene, quel tesoro è composto da alcuni oggetti che IO ho perso da ragazza e che non ho più ritrovato. Sono oggetti che ho continuato a sognare per anni (e non ti svelo quali, perché anche se ora il libro è fuori catalogo, gli sono così affezionata che non ho intenzione di tenerlo chiuso nel cassetto ancora a lungo e quindi non voglio rovinarti la sorpresa). Nel sogno, li ritrovavo in posti della casa in cui mi sembrava di non aver guardato. Ovviamente avevo guardato ovunque e il sogno era, appunto, solo un sogno. Così, ho pensato di fare trovare queste cose a lei, la protagonista. E questa cosa non si è rivelata solo una svolta interessante del romanzo (aneddoto nell’aneddoto: mi è capitato di raccontare questo passaggio a una sceneggiatrice presente al Women Fiction Festival di Matera, quando ancora stavo scrivendo il libro e ho visto i suoi occhi illuminarsi, quando le ho svelato la natura degli oggetti), ma si è rivelato catartico per me.
Se questa cosa ti sembra poetica, hai ragione, un po’ in effetti lo è. Per questo io non nego mai che ci siano aspetti autobiografici nei miei romanzi. Anche perché spesso, le persone, quando entrano abbastanza in confidenza con me da avere accesso a chi sono e a quello che ho vissuto, mi dicono sempre “ah, ma dovresti scrivere un libro!”.
E, lo ammetto, io ci ho pensato, tante volte. Poi però ho sempre deciso di non farlo. Scrivo romanzi, e preferisco inserire lì questi riferimenti, come un piccolo tesoro che li arricchisce di significato.
Questo infatti è un passaggio cruciale. Perché tu dovresti decidere di inserire fatti tuoi in un romanzo?
Ti elenco i motivi che mi vengono in mente:
- hai una storia interessante alle spalle, ma per qualche motivo, se la raccontassi, feriresti qualcuno a cui vuoi bene e non vuoi farlo;
- hai una storia interessante alle spalle, ma se la raccontassi si scatenerebbe un putiferio e ora che hai raggiunto una certa tranquillità vuoi godertela (giustamente);
- hai un sassolino nella scarpa che ti vuoi togliere con eleganza;
- un certo evento è particolarmente interessante e muori dalla voglia di raccontarlo;
- hai vissuto una bellissima esperienza che vuoi in qualche modo trasmettere a chi ti legge.
Sicuramente ce ne sono altri, ma già questi sono tutti ottimi motivi per inserire nel tuo romanzo qualcosa di autobiografico. Però non sono quelli che devi seguire.
Il criterio principale che devi rispettare se vuoi inserire qualcosa di autobiografico nel tuo romanzo è:
Quel certo evento, quella certa persona, SAREBBERO UTILI nella tua storia.
Quindi, attenzione, non puoi scegliere quello che ti pare. Non puoi sparare nel mucchio solo per toglierti quel famoso sassolino se non c’entra nulla con la tua storia. Certo, nessuno ti vieta di prendere quel sassolino e COSTRUIRCI attorno la storia, ma ricordati sempre che prima viene la storia e se un evento, una persona c’entrano come i cavoli a merenda, allora il sassolino, mi spiace, ma devi tenertelo nella scarpa fino al prossimo romanzo. Detto chiaramente: il solo motivo per cui puoi decidere di raccontare della mania di tua madre di piegare le mutande in quattro è che si tratta di un dettaglio utile e interessante ai fini della trama.
Mettiamo allora che tu abbia individuato un evento perfetto per la storia che vuoi raccontare. A cosa devi stare attenta? Ne parliamo la settimana prossima!
ATTENZIONE!!! Questi articoli non si riferiscono alla scrittura di autobiografie o memoir. Non danno indicazioni su come raccontare una storia vera, una vicenda personale o un’esperienza reale. Si tratta di consigli su come prendere ispirazione, e sottolineo ISPIRAZIONE dalla vita per scrivere un romanzo. Ricevo molte domande che invece mi chiedono lumi su come raccontare eventi vissuti ma non ho le competenze, soprattutto legali, per una consulenza di questa importanza.
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